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Cucinare la carne

Cucinare la carne

7 Marzo 2018

“Così tutti i pori esterni si contraggono, e l’umidità contenuta nell’oggetto non può sfuggire”. Sembra proprio un consiglio su come giungere alla cottura ottimale della nostra bistecca. Eppure si tratta di un estratto del Trattato di Aristotele sulla Metereologia, libro quarto. Ancora oggi si dice che i succhi della carne, imprigionati dalle alte temperature, restino integri, rendendo la carne succulenta.”

Nel diciassettesimo secolo si ha notizia di un comandante di navi da guerra, Sir Digby, che ha lasciato ai posteri un trattato sulla cucina dell’epoca. Per la cottura allo spiedo del pollo e del cappone suggerisce di ungere la carne con burro e passarla nella farina. In questo modo si formerebbe durante la cottura una crosticina che aiuterebbe a “trattenere i sughi” all’interno.

In effetti non far fuoriuscire l’acqua contenuta nella carne divenne un obiettivo primario di molti cuochi, specialmente in Inghilterra. La Francia rimase imparziale sulla questione sino al diciannovesimo Secolo. Si usava avvolgere la carne con lardo per non farla bruciare mentre cuoceva; un grande cambiamento teorico avvenne in America verso la metà del diciannovesimo secolo, con l’uscita del trattato sulla chimica degli alimenti del chimico tedesco Justus Von Liebig.

La teoria dell’imprigionare i liquidi per non disperderli durante la cottura fu sostenuta da basi scientifiche, in particolare da studi sui muscoli. Per non perdere il valore nutritivo della carne Liebig suggeriva di scaldare subito la carne in acqua bollente e continuare in seguito la cottura a basse temperature.

Al contrario, per ottenere un buon brodo ricco si suggeriva nel secolo scorso di mettere la carne nella pentola in acqua fredda e di farla cuocere a lungo a fuoco lento. In questo modo tutte le sostanze nutrienti della carne sarebbero passate nell’acqua per divenire brodo.

Si vendeva anche un prodotto preparato secondo la sua supervisione, chiamato “estratto Liebig”, un antenato del nostro moderno “dado” da cucina.

Oggi però le teorie sono in contrasto con tutto questo, in quanto i componenti solubili in acqua sono elementi poco importanti nel metabolismo dei muscoli e di scarso valore nutritivo. Inoltre, qualsiasi crosta si formi sulla superficie della carne non è impermeabile. Anche all’epoca qualcuno si ribellava alle teorie, lamentando che una eccessiva cottura della carne producesse cattivo sapore e consistenza dura. Ma la teoria di Liebig sopravvisse a lungo, per più di cinquant’anni.

Scottando la carne in superficie però otteniamo un sapore più intenso, quindi le ragioni del gusto odierne non hanno del tutto bocciato la consuetudine di non “rompere” la carne durante la cottura, pur preferendo metodi che consentano l’utilizzo di un calore costante.